L’uomo, come altri organismi eterotrofi, ottiene energia attraverso la degradazione di molecole organiche complesse assunte dall’ambiente. La molecola che gioca un ruolo chiave nei processi di trasferimento dell’energia è l’ATP, ma ci sono anche altri fosfati di importanza biologica e biochimica quando si parla di bioenergetica, fra questi per esempio il glucosio 6-fosfato, l’ADP, l’AMP, etc… La differenza fra ATP, ADP, e AMP risiede nella presenza rispettivamente di 3,2,1 gruppi fosfato: è attraverso la cessione di questi raggruppamenti fosfato che viene ceduta energia nei processi cellulari, pertanto l’AMP è considerato un composto a bassa energia di trasferimento del gruppo fosfato, mentre l’ATP è la molecola d’eccellenza ad alta energia di trasferimento di gruppi fosfato. Esistono inoltre una serie di composti detti fosfageni, che funzionano come riserva di gruppi fosfato ad alta energia: tra questi la fosfocreatina presente soprattutto all’interno del muscolo scheletrico, nel cuore e nel cervello. In situazioni di temporanea carenza di ATP disponibile, la funzione dei fosfageni è quella di cedere velocemente gruppi fosfato all’ADP per dare ATP, questo accade per esempio in situazioni di sforzo massimale o submassimale di breve durata, in cui si verifica una veloce deplezione dell’ATP disponibile, con necessità di produrne velocemente altro. I tre principali processi che conducono al ricavo di energia immagazzinata nella molecola di ATP nell’uomo, sono la glicolisi, il ciclo di Krebs e la Fosforilazione Ossidativa.
Il primo processo avviene nel citoplasma cellulare mentre il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa avvengono nei mitocondri in localizzazioni diverse. Mentre la glicolisi negli organismi aerobi è un processo di tipo anaerobico, cioè non richiede la presenza di ossigeno e rappresenta una via metabolica precoce per estrarre energia dal glucosio, il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa sono processi che avvengono sempre in presenza di ossigeno. Inoltre, mentre nella glicolisi vengono degradati gli zuccheri a partire dal Glucosio, nel ciclo di Krebs vengono catabolizzati tutti i combustibili metabolici, precedentemente attivati e degradati a gruppi acetilici. In particolare, gli acidi grassi e gli amminoacidi devono essere precedentemente ossidati prima di entrare nel Ciclo di Krebs, mentre gli zuccheri devono essere trasformati in piruvato nella glicolisi e poi decarbossilati (rimozione di CO2) per entrare nel ciclo di Krebs: la decarbossilazione del piruvato è una reazione che richiede la presenza dell’ossigeno, quindi avviene solo in condizioni aerobiche. Come processo alternativo alla decarbossilazione ossidativa del piruvato per dare acetil-CoA, intermedio d’ingresso al ciclo di Krebs comune a tutti i macronutrienti, a livello delle fibrocellule muscolari in condizioni di anaerobiosi o carenza di O2 (attività fisica intensa) avviene la cosiddetta ‘fermentazione omolattica', in cui lo stesso piruvato viene ridotto a lattato. In entrambi i casi, la finalità di tali processi è quella di ottenere dei substrati che possano essere ossidati facilmente con formazione di intermedi ridotti quali il NADH e il FADH2 che serviranno come trasportatori degli elettroni nella cosiddetta ‘catena respiratoria’ della fosforilazione ossidativa, con lo scopo di produrre ATP. Quindi la conversione del piruvato in lattato in condizione di anaerobiosi mantiene costante il flusso della glicolisi, che altrimenti si fermerebbe, cosi come si fermerebbe la produzione di ATP. E’ per questo motivo che la maggior parte dell’ATP non viene prodotto direttamente nella glicolisi o nel ciclo di Krebs, anche se se ne ha una certa resa, ma a livello mitocondriale nella fosforilazione ossidativa, attraverso l’NADH e il FADH2 prodotti nei due precedenti processi. La completa ossidazione delle catene carboniose derivanti dai macronutrienti degradati porta poi alla formazione di CO2 e H2O all’interno dei mitocondri. Uno stato di anossia, quindi una condizione di diminuzione o totale mancanza di ossigeno molecolare all’interno delle cellule, non solo limita fino a rendere impossibile la conversione del piruvato in AcetilCoA, favorendo la produzione di lattato nelle cellule muscolari, ma sposta l’utilizzo degli zuccheri verso una via diversa dalla glicolisi, la cosiddetta via dei ‘pentoso fosfati’ in molti altri tipi cellulari. Una delle principali funzioni di questa via è la sintesi di un altro intermedio ridotto, oltre a quelli già visti, il NADPH. Quest’ultimo, a differenza di NADH e FADH2, non viene impiegato dalla cellule nella fosforilazione ossidativa per la produzione di ATP, quindi non ha fini prettamente energetici, ma viene impiegato come intermedio riducente in molte reazioni di biosintesi importanti.
In particolare, nel tessuto adiposo (e non solo), la presenza di alte concentrazioni di NADPH porta alla biosintesi di acidi grassi, cosi come nel fegato alla biosintesi del colesterolo, cosi come nelle cellule endocrine alla biosintesi di molti ormoni. La via dei pentoso fosfati è anche implicata nel controllo dello stress ossidativo cellulare, in quanto l’NADPH prodotto ha l’importante funzione di mantenere alta la concentrazione di importanti molecole antiossidanti dell’organismo come per esempio il glutatione ridotto. Per quanto riguarda il Ciclo di Krebs, trattasi di un ciclo cosiddetto anfibolico, in quanto ha sia funzione catabolica finalizzata alla produzione di intermedi riducenti e quindi di ATP, sia anabolica in quanto produce intermedi di reazione che sono utilizzati come precursori in altre vie metaboliche. La fosforilazione ossidativa è il processo attraverso il quale la maggior parte delle molecole di ATP vengono prodotte durante le reazioni del catabolismo cellulare di glucosio, amminoacidi e acidi grassi. Si verifica solo in presenza di ossigeno e grazie all’attività di complessi proteici che generano un gradiente protonico attraverso la membrana mitocondriale interna verso lo spazio intermembrana. Questo gradiente protonico fornisce molta energia libera per la sintesi dell’ATP, ecco perchè l’ossidazione dei substrati in condizioni normali è accoppiata alla fosforilazione. Una volte esaurite le riserve glucidiche, l’organismo può ricavare il glucosio da altre fonti: una di queste è rappresentata dagli amminoacidi. Ciò innesca il cosiddetto ‘catabolismo proteico’, che porta all’idrolisi delle proteine tissutali qualora non vi sia disponibilità di amminoacidi in eccesso provenienti dalla degradazione delle proteine alimentari; per questo alcuni amminoacidi vengono spesso definiti glucogenici quando sono utilizzati nel processo che porta alla formazione di glucosio ex novo: la gluconeogenesi. Altri vengono invece definiti ‘chetogenici’ se, invece, sono utilizzati nella via metabolica di produzione di corpi chetonici e dei lipidi. Ci sono amminoacidi come il triptofano, la tirosina, fenilalanina, l’isoleucina e la treonina il cui scheletro carbonio può subire entrambe queste vie metaboliche. Uno dei prodotti finali del catabolismo degli amminoacidi è lo ione ammonio. In condizioni normali e fisiologiche, lo ione ammonio viene veicolato al fegato sottoforma di glutammina; da qui eliminato attraverso il ciclo dell’urea. Viceversa, un eccesso di catabolismo proteico può indurre un aumento di concentrazione di ammonio prodotto, causando variazioni del PH intracellulare nonchè un calo energetico dovuto alla deplezione di ATP per innesco di reazioni collaterali che ne richiedono il consumo. Altro processo chiave del metabolismo umano è la Glicogenosintesi, ovvero la costituzione di glicogeno muscolare ed epatico a partire da molecole di glucosio che formano una struttura lineare che successivamente si ramifica. La glicogenosintesi viene attivata da alte concentrazioni di insulina ematica, testimonianza dell’aumento della concentrazione di glucosio nel sangue. La regolazione della sintesi e della degradazione del glicogeno sono due processi molto precisi che avvengono in modo simultaneo. I principali responsabili di tale regolazione sono ormoni quali insulina e glucagone, quindi la sintesi e la degradazione del glicogeno sono dipendenti dalla quantità assunta di zuccheri e dal loro utilizzo attraverso l’attività fisica. In condizioni normali le quantità di glicogeno muscolare ed epatico individuali sono diverse fra loro: nel fegato ci sono circa 400mmoli di residui glucosidici, ovvero circa 65gr/kg; nel muscolo ci sono circa 85mmoli di residui glucosidici, equivalenti a circa 14gr/kg. Il glicogeno muscolare ha prevalentemente una funzione di tipo energetico, ovvero rappresenta la forma di immagazzinamento di zucchero necessaria alla sintesi dell’ATP attraverso glicolisi, ciclo di Krebs e fosforilazione ossidativa. Il glicogeno epatico rappresenta invece una riserva di glucosio per il mantenimento di un livello di glicemia costante.
Ultimo meccanismo metabolico da considerare parlando si zuccheri è la cosiddetta gluconeogenesi, ovvero la via di sintesi del glucosio a partire da precursori che non sono di origine glucidica. Il tessuto d’elezione per lo svolgimento della gluconeogenesi è quello epatico, attraverso il quale il glucosio viene immediatamente riversato a livello ematico. Tale processo avviene anche nella corticale del surrene. Questo processo è quindi innescato nei periodi di non diretta disponibilità del glucosio, come per esempio durante i pasti o nella situazione di digiuno prolungato. La gluconeogenesi epatica sintetizza glucosio soprattutto a partire dal lattato, come visto, prodotto soprattutto a livello delle cellule muscolari ma anche dai globuli rossi per riduzione del piruvato proveniente dalla glicolisi. Questo da luogo ad un circolo di produzione / utilizzo del glucosio, definito ciclo di Cori, che avviene fra il fegato (produttore) e il muscolo e gli eritrociti (utilizzatori) del glucosio in corso di attività fisica. L’interscambio avviene con l’intermediazione del lattato, che viene prodotto dal piruvato della glicolisi a livello muscolare ed eritrocitario e consumato per avere piruvato da trasformare in glucosio nella gluconeogenesi epatica. Se ne deduce che il substrato di partenza nella sintesi di glucosio è proprio il piruvato. Le principali molecole che possono essere usate nel fegato per produrre glucosio sono amminoacidi, lattato, piruvato; non possono invece essere utilizzati gli acidi grassi. Dal punto di vista delle reazioni chimiche che portano alla formazione di glucosio nella gluconeogenesi, quest’ultima non può essere considerata una glicolisi a ritroso, essendo limitata da tre tappe che sono irreversibili e che pertanto richiedono l’attivazione di vie alternative affinché venga conclusa la sintesi di glucosio. La gluconeogenesi dal punto di vista bioenergetico è una sintesi che comporta l’utilizzo di ATP, contrariamente a quanto accade per la glicolisi. Anche in questo caso, quindi, le due vie non procedono mai simultaneamente e questo grazie a dei fini meccanismi di regolazione dipendenti soprattutto dalla disponibilità o meno di ATP. Il substrato che funziona da principale regolatore per entrambe le vie è il fruttosio 2,6 bifosfato, i cui livelli sono regolati ancora una volta da glucagone e insulina, ovvero dai due più importanti regolatori del metabolismo cellulare. Il catabolismo degli acidi grassi si realizza principalmente attraverso una via ossidativa che prende il nome di beta-ossidazione degli acidi grassi, presente nei mitocondri di tutte le cellule dell’organismo, tranne nel cervello e nei globouli rossi. Questi due tipi cellulari, infatti, vivono quasi esclusivamente di glucosio. Attraverso la beta ossidazione, non vengono prodotte direttamente molecole di ATP, ma acetilCoA, FADH2 e NADH che come abbiamo visto producono ATP nel ciclo di Krebs e nella fosforilazione ossidatiiva. Per essere degradati, gli acidi grassi hanno bisogno di entrare nel mitocondrio e di essere attivati da uno dei principali attivatori degli acidi carbossilici, il CoA. Il legame con CoA rende gli acidi grassi impermeabili alla membrana mitocondriale interna,pertanto nel caso della beta ossidazione è necessario un sistema di trasporto specifico rappresentato da una proteina detta Carnitina. Gli acidi trassi a lunga catena vengono degradati a acetilCoA, quindi a residui bicarboniosi. Molte delle reazioni che prendono parte alla degradazione degli acidi grassi necessitano della presenza di alcune vitamine come la VIt. B12. La regolazione dell’intero processo si basa essenzialmente sulla disponibilità di acidi grassi a livello mitocondriale e dipende dalla presenza di intermedi ossidati (NAD+ e FAD) che vengono ridotti per poter essere utilizzati nella fosforilazione ossidativa come trasportatori di elettroni.
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